Le Ninfe
Le Ninfe
Chi, fra i Greci, poteva vantarsi di conoscere i nomi di tutte le ninfe? Erano le divinità di tutte le acque correnti, di tutte le sorgenti, di tutte le fonti. Non le ha prodotte l'immaginazione ellenica: erano al loro posto, nelle acque, fin dal principio del mondo; dai greci ricevettero forse la forma umana e il nome. Sono state create allo scorrere vivo dell'acqua, dalla sua magia, dalla forza che ne emanava, dal mormorio delle acque. I Greci, al più, le hanno staccate dall'elemento con cui si confondevano. Una volta staccate, personificate, investite di tutti i prestigi acquatici, hanno acquisito una leggenda, sono intervenute nell'epopea, si sono lasciate tentare dalla taumaturgia. Le ninfe sono per solito madri degli eroi locali; divinità secondarie di certi luoghi, gli uomini le conoscono bene e offrono loro culto e sacrifici. Le più celebri sono le sorelle di Teti, le Nereidi, o le Oceanidi, come le chiamava Esiodo, ninfe nettunie per eccellenza. Le altre ninfe sono in maggioranza divinità delle fonti. Ma abitano anche le caverne piene di umidità. La " grotta delle ninfe" era diventata un luogo comune nella letteratura ellenistica, la formula più " letteraria ", quindi la più profana, la più lontana dal primitivo senso religioso del complesso Acqua-Caverna cosmica-beatitudine, fecondità, sapienza. Le ninfe, appena personificate, intervengono nella vita umana. Sono divinità della nascita (acqua === fecondità) e kourotrophoi, allevano i bambini, insegnano loro a diventare eroi . Quasi tutti gli eroi greci sono stati allevati o dalle ninfe o dai centauri, cioè da esseri sovrumani, che partecipano alle forze della natura e le dominano. L'iniziazione eroica non è mai " familiare"; in generale non è neppure " civica ", non avviene entro la città, ma nella foresta e nella macchia.
Per questo, insieme alla venerazione per le ninfe (e per gli altri spiriti della natura), troviamo anche la paura delle ninfe. Spesso le ninfe rubano i bambini; qualche volta li uccidono per gelosia. Sulla tomba di una bambina di cinque anni si è trovato scritto: " Bimba amabile, perché ero graziosa, sono stata rapita dalle Naiadi, non dalla morte " . Le ninfe sono poi pericolose in un'altra maniera; a mezzo il giorno, al colmo del caldo, turbano lo spirito di chi le vede. Il mezzogiorno è il momento dell'epifania delle ninfe, chi le scorge è in preda a un entusiasmo ninfoleptico; cosi Tiresia, che vede Pallade e Chariclo, o Atteone che sorprende Artemis con le sue ninfe. Per questo si raccomandava di non accostarsi, sul mezzogiorno, alle fontane, alle sorgenti, ai corsi d'acqua o all'ombra di certi alberi. Una superstizione più tarda parla della follia vaticinante che colpisce chi scorge una forma uscire dalle acque: speciem quondam e fonte, id est effigiem Nymphae. In tutte queste credenze persiste la virtù profetica delle acque, malgrado le inevitabili contaminazioni e affabulazioni. Ma persiste soprattutto il sentimento ambivalente di paura e di attrazione verso le acque, che insieme disintegrano (il " fascino " delle ninfe porta alla pazzia, l'abolizione della personalità) e germinano, che uccidono e che facilitano la nascita.
Mircea Eliade, "Trattato di storia delle Religioni", Bollati Boringhieri, 1999.
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Chi, fra i Greci, poteva vantarsi di conoscere i nomi di tutte le ninfe? Erano le divinità di tutte le acque correnti, di tutte le sorgenti, di tutte le fonti. Non le ha prodotte l'immaginazione ellenica: erano al loro posto, nelle acque, fin dal principio del mondo; dai greci ricevettero forse la forma umana e il nome. Sono state create allo scorrere vivo dell'acqua, dalla sua magia, dalla forza che ne emanava, dal mormorio delle acque. I Greci, al più, le hanno staccate dall'elemento con cui si confondevano. Una volta staccate, personificate, investite di tutti i prestigi acquatici, hanno acquisito una leggenda, sono intervenute nell'epopea, si sono lasciate tentare dalla taumaturgia. Le ninfe sono per solito madri degli eroi locali; divinità secondarie di certi luoghi, gli uomini le conoscono bene e offrono loro culto e sacrifici. Le più celebri sono le sorelle di Teti, le Nereidi, o le Oceanidi, come le chiamava Esiodo, ninfe nettunie per eccellenza. Le altre ninfe sono in maggioranza divinità delle fonti. Ma abitano anche le caverne piene di umidità. La " grotta delle ninfe" era diventata un luogo comune nella letteratura ellenistica, la formula più " letteraria ", quindi la più profana, la più lontana dal primitivo senso religioso del complesso Acqua-Caverna cosmica-beatitudine, fecondità, sapienza. Le ninfe, appena personificate, intervengono nella vita umana. Sono divinità della nascita (acqua === fecondità) e kourotrophoi, allevano i bambini, insegnano loro a diventare eroi . Quasi tutti gli eroi greci sono stati allevati o dalle ninfe o dai centauri, cioè da esseri sovrumani, che partecipano alle forze della natura e le dominano. L'iniziazione eroica non è mai " familiare"; in generale non è neppure " civica ", non avviene entro la città, ma nella foresta e nella macchia.
Per questo, insieme alla venerazione per le ninfe (e per gli altri spiriti della natura), troviamo anche la paura delle ninfe. Spesso le ninfe rubano i bambini; qualche volta li uccidono per gelosia. Sulla tomba di una bambina di cinque anni si è trovato scritto: " Bimba amabile, perché ero graziosa, sono stata rapita dalle Naiadi, non dalla morte " . Le ninfe sono poi pericolose in un'altra maniera; a mezzo il giorno, al colmo del caldo, turbano lo spirito di chi le vede. Il mezzogiorno è il momento dell'epifania delle ninfe, chi le scorge è in preda a un entusiasmo ninfoleptico; cosi Tiresia, che vede Pallade e Chariclo, o Atteone che sorprende Artemis con le sue ninfe. Per questo si raccomandava di non accostarsi, sul mezzogiorno, alle fontane, alle sorgenti, ai corsi d'acqua o all'ombra di certi alberi. Una superstizione più tarda parla della follia vaticinante che colpisce chi scorge una forma uscire dalle acque: speciem quondam e fonte, id est effigiem Nymphae. In tutte queste credenze persiste la virtù profetica delle acque, malgrado le inevitabili contaminazioni e affabulazioni. Ma persiste soprattutto il sentimento ambivalente di paura e di attrazione verso le acque, che insieme disintegrano (il " fascino " delle ninfe porta alla pazzia, l'abolizione della personalità) e germinano, che uccidono e che facilitano la nascita.
Mircea Eliade, "Trattato di storia delle Religioni", Bollati Boringhieri, 1999.
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